Oltre il mobbing

Nel bene e nel male buona parte delle nostre vite trascorre sul posto di lavoro.

E quando il posto di lavoro diventa un luogo di emarginazione sociale, esclusione, derisione, isolamento, discriminazione allora la vita può diventare un inferno.

Questo è il mobbing, cioè quel fenomeno sempre più frequente che vede un soggetto letteralmente bullizzato dai colleghi, dai superiori o, anche se più raramente, dai propri dipendenti.

Può accadere di esserne vittima in periodi di debolezza, di fasi difficili della propria vita, in cui si è più fragili. Oppure accade perché si ha un carattere sensibile, riservato o troppo intraprendente.

A volte si è vittima di mobbing per una propria particolarità come l’orientamento sessuale, la nazionalità, la religione, o anche solo il proprio genere, e in quest’ultimo caso è più facile che accada alle donne. ,

Una volta si diceva “essere messi in mezzo”. Succede che il gruppo di lavoro di cui si fa parte, oppure tutto l’ambiente sociale di lavoro, o il tuo capo, oppure magari la tua organizzazione ti riconoscono come un soggetto da trattare in maniera subordinata.

Ti classificano e quindi ti trattano come un individuo da umiliare. E la cosa non avviene solo tramite un semplice dileggio o un banale sfottò. Al contrario: accade che ti vengano assegnati compiti inadeguati al tuo ruolo, sia compiti difficili, impossibili da portare a termine, per metterti in difficoltà e poterti criticare aspramente, ma anche compiti estremamente semplici come per dirti che sei un incapace, adatto solo a cose elementari. Il mobbing si avvale di una qualunque strategia che riesca a mettere in seria difficoltà un lavoratore.

In Italia non esiste una legge contro il mobbing, e vincere una causa del genere è una cosa abbastanza impegnativa per un legale. Ma ciò non vuol dire che bisogna accettare questo stato di cose. Serve una legge, e serve subito, perché il posto di lavoro per ogni persona deve essere la sede della propria realizzazione e non un luogo di sofferenza.