Il decreto del 5 gennaio impone l’obbligo vaccinale, che è un fatto giuridico reale.
Finora non mi sono espressa. Avrei parlato d’aria fritta. Sgombriamo il campo: sono vaccinata così come i miei figli.
Credo che un obbligo sia sempre una sconfitta per chi lo impone e per chi lo subisce. La coercizione resta uno strumento figlio della debolezza. Meglio rispettati che temuti.
L’utilità di questa imposizione è materia sanitaria, la sua opportunità è materia politica, la sua legittimità è materia del Diritto.
Per la Costituzione Italiana la salute pubblica è sovraordinata a quella individuale e un trattamento sanitario obbligatorio è possibile ma nel rispetto della dignità umana.
Mi chiedo: come si può imporre un vaccino? La polizia tiene il cittadino fermo, lui si dimena, gli infermieri lo vaccinano? Questa scena è lesiva della dignità dell’individuo?
O si prevedono solo multe più o meno salate? O sarebbe meglio imporre ai non vaccinati di restare a casa, tutelando sia la libertà individuale che quella collettiva?
E ancora: in caso di effetti avversi del vaccino lo Stato deve risarcire solo se è in vigore un obbligo? O, come sostiene il prof. Cassese, Presidente Emerito della Corte Costituzionale, anche solo la raccomandazione a vaccinarsi rende lo Stato responsabile di eventuali danni da vaccino?
Queste e molte altre domande si fanno strada sia nella mente di un’avvocata come me e sia in quella di chi, da cittadino, vive le scelte di governo. Una cosa è certa: agire per avversione e ripicca contro i non vaccinati è sbagliato. La tentazione di individuare minoranze contro cui scagliarsi è un pericolo antico di qualunque comunità.
La democrazia resta l’esercizio della tutela delle minoranze e non la dittatura di una maggioranza su una minoranza.
Chi non si vaccina e, peggio ancora, rifiuta le cure, paga col prezzo più alto: la vita. Rabbia e accanimento non servono. Serve invece capire utilità, opportunità e legittimità delle scelte. Serve interrogarsi, restare dubbiosi. Solo nelle dittature i dubbi non hanno spazio.
Io continuerò a pormi domande perché è quello che mi ha insegnato il mio percorso accademico, professionale, umano e politico.