FALSO IN BILANCIO? SENZA RAGGIRI O PROFITTO IL DOLO NON SUSSISTE

L’imprenditore non può essere condannato per falso in bilancio soltanto perché ha omesso di esporre un dato contabile di importo rilevante. È, infatti, necessaria la prova dei raggiri e del profitto, vale a dire di un qualsiasi vantaggio, anche non patrimoniale, traibile dall’attuazione del reato stesso. Chiarificatore di quanto appena detto è l’esito vittorioso di un recente ricorso accolto in Cassazione, con la sentenza 21672 del 16/5/2018, di un manager abruzzese. “Una Srl non aveva esposto in bilancio, alla voce fondo rischi, il credito per la vendita di alcuni immobili, per un importo superiore a un milione di euro, sui quali si era fatta carico delle garanzie per evizione e risarcimento in caso di no al permesso di costruire.

La Corte d’Appello, data la rilevanza del dato contabile omesso, aveva affermato la responsabilità penale per falso in bilancio, liquidando una provvisionale alla parte civile. Contro questo verdetto la difesa dell’uomo ha presentato con successo un ricorso alla Suprema Corte. La quinta sezione penale ha annullato con rinvio la condanna per mancanza della prova del dolo”, del non comprovato elemento soggettivo motore azionante del reato in oggetto, vale a dire del carattere intenzionale dell’azione posta in essere per ingannare i soci o il pubblico. “Per il Supremo Collegio, infatti, la Corte territoriale ha sbagliato ad affermare che la dimostrazione dell’elemento psicologico del reato fosse implicita, visto l’elevato importo del dato contabile. Infatti, in tema di falso in bilancio, dove l’elemento soggettivo presenta una struttura complessa comprendendo il dolo generico (avente a oggetto la rappresentazione del mendacio), il dolo specifico (profitto ingiusto) e il dolo intenzionale di inganno dei destinatari, il predetto elemento soggettivo non può ritenersi provato, in quanto «in re ipsa», nella violazione di norme contabili sulla esposizione delle voci in bilancio, né può ravvisarsi nello scopo di far vivere artificiosamente la società, dovendo, invece, essere desunto da inequivoci elementi che evidenzino, nel redattore del bilancio, la consapevolezza del suo agire abnorme o irragionevole attraverso artifici contabili. Ora gli atti torneranno all’Aquila che dovrà riconsiderare l’intero caso alla luce del principio affermato in sede di legittimità. I giudici dovranno cioè accertare se tacere la posta di bilancio ha procurato un ingiusto profitto all’imprenditore”.

Facciamo brevemente un passo indietro. Cosa si intende per falso in bilancio e chi sono i soggetti attivamente coinvolti? Con la legge 27 maggio 2015 n.69 è stata reintrodotta la riforma del reato di false comunicazioni sociali e aziendali, altrimenti noto come falso in bilancio o frode contabile, disciplinato dall’art. 2621 del codice civile e classificato appieno come delitto punibile con la reclusione da uno a cinque anni, tenuto debitamente conto della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta. Si tratta di un illecito annoverato alla fattispecie dei reati societari e, nel distinguo giuridico, fa capo al cosiddetto “reato proprio” che, a differenza del “reato comune” imputabile a chiunque, può essere commesso solo da taluni soggetti qualificati, vale a dire gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, cioè coloro che all’interno della società svolgono funzioni di amministrazione attiva e di controllo. (A questi soggetti vanno, inoltre, aggiunti: coloro che sono legalmente incaricati dall’autorità giudiziaria o dall’autorità pubblica di vigilanza di amministrare la società o i beni dalla stessa posseduti o gestiti per conto di terzi; chi svolge funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso banche, anche se non costituite in forma societaria; gli amministratori ed i liquidatori del GEIE).

Estrapolando uno stralcio dalla definizione pronunciata dall’Association of Certified Fraud Examiners la frode contabile è “una dichiarazione intenzionalmente falsa oppure una deliberata omissione di fatti materiali o di dati contabili” a danno degli investitori, shareholders (azionisti) e di tutti i portatori di interesse nei confronti dell’impresa, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto. Ed è, altresì, considerato come un “reato sentinella o spia”, ovvero la punta dell’iceberg di fenomeni criminosi e corruttivi ben più gravi o come “reato presupposto” in quanto costituisce la premessa per la commissione di altri illeciti (es. in ambito fallimentare).

Il falso in bilancio, oggetto negli ultimi anni di varie modifiche legislative, è da sempre considerata una materia giuridica cavillosa e vivacemente discussa per la circoscrizione di alcuni confini e per la reinterpretazione di altri. Lo studio legale MGS, specializzato in tema di diritto penale societario e d’impresa, offre mirati percorsi di consulenza e assistenza legale a persone fisiche e giuridiche.

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