Turismo e Diritto all’Immigrazione 22 giu 2023

Oggi a Capri abbiamo parlato di turismo e diritto dell’immigrazione.

Riteniamo che il tessuto imprenditoriale di Capri, specialmente nel settore turistico, sia contraddistinto da una grande responsabilità sociale.

Cioè quella inclinazione di certe imprese di valore che riescono a coniugare, nel loro esercizio, la legittima ricerca del profitto col rispetto della comunità in cui sono immerse, del contesto sociale e culturale dove operano e ovviamente delle leggi dello Stato volte al progresso e al benessere collettivo.

Queste imprese riescono sempre a vedere nei fenomeni contemporanei alla loro storia imprenditoriale un’occasione, un’opportunità e quasi mai un problema, un nemico da odiare, soprattutto quando sono coinvolte persone in carne ed ossa.

Uno dei fenomeni che la nostra società contemporanea è chiamata a gestire è il flusso migratorio, antico quanto l’uomo. Pensare di gestirlo con la negazione o il divieto è pura utopia.

Vanno invece valorizzate le nuove energie, le competenze, gli entusiasmi, i progetti, le speranze, i sogni di chi arriva qui in Europa, così che tutti traggano vantaggio da una situazione che in partenza è figlia della disperazione.

Una tale gestione positiva riuscirebbe a trasformare delle storie di sofferenza in ricchezza per tutti.

Abbiamo organizzato questa iniziativa col dott. Schiavo, vicepresidente nazionale di Confesercenti e con l’avv. Sedu, consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, che ringrazio. E ringrazio tutti gli ottimi relatori che hanno arricchito l’incontro coi loro contributi di discussione e riflessione.

Un ringraziamento poi va al Comune di Capri e alla Città Metropolitana per il patrocinio dell’iniziativa. Hanno evidentemente visto in questo incontro un momento di crescita e valorizzazione dell’Isola.

Ringrazio inoltre la dott.ssa Rajae Bezzaz, giornalista di Striscia La Notizia, che ogni giorno racconta storie e problematiche sui temi che oggi abbiamo trattato e che ha saputo dare al convegno un prezioso contributo.

Ancora una volta mi convinco che svolgere il proprio lavoro non è solo il modo con cui vivere e sostentarsi, ma anche e soprattutto quello con cui contribuire a una società migliore.

La storia di Nera, ragazza bengalese

I diritti delle donne sono un dovere civico da esercitare in politica, in famiglia, nel sociale e anche nell’ambito professionale.

Io ci provo tutte le volte che il destino mi chiama a farlo, questa volta nel mio lavoro di avvocata.

Della storia di Nera ne parla oggi Il Mattino.

Non avete idea del vergognoso motivo per il quale Nera, che assisto legalmente, purtroppo molto probabilmente non avrà giustizia e il suo coraggio invece di essere premiato sarà per lei una pietra al collo.

Il motivo per il quale Nera non vedrà giustizia mi fa vergognare di essere italiana.

Qui il servizio su Striscia La Notizia (clicca)

Revenge Porn – Convegno 20 feb 23

Oggi, lunedì 20 febbraio 2023 alle ore 17 presso Hotel Oriente in Via Armando Diaz, 44 a Napoli, vi aspetto al seminario-convegno dedicato al fenomeno del “Revenge Porn”.

Tre degli elementi che contraddistinguono le nuove generazioni:

– l’utilizzo compulsivo e diffuso della tecnologia

-la condivisione senza regole dei contenuti anche di carattere privato

-l’accesso indiscriminato a contenuti pornografici con una conseguente cultura ed educazione sessuale completamente alterata.

Questi tre elementi fanno sì che, specialmente nell’universo giovanile, l’utilizzo di contenuti pornografici vengano facilmente prodotti in buona fede e poi divulgati con disinvoltura come elemento di vendetta, di rivalsa o anche a scopo di semplice dispetto o scherzo, senza alcuna considerazione dei risvolti psicologici e umani che gesti del genere possono comportare sulla vita delle persone.

Con Hilarry Sedu, Francesca Florio,Manuela Palombi e Marco Campora abbiamo come obiettivo quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’argomento con un evento giurisprudenziale a tema. Si parlerà di Revenge Porn e di tutte le sfaccettature penali, psicologiche, sociali e culturali che questo fenomeno in crescita

L’evento è stato accreditato dal COA di Napoli con 2 Crediti Formativi

#revengeporn#avvocatinapoli#mgsstudiolegale#violenzadigenere#CodiceRosso

L’ergastolo ostativo

Venerdì scorso, con l’associazione Nessuno Tocchi Caino, ho fatto visita alla casa circondariale di Secondigliano. Ho incontrato dei detenuti sotto ergastolo ostativo. Questa esperienza mi ha fatto maturare ancora una volta la mia convinzione dell’inadeguatezza di questa misura.

È inadeguata: alla funzione costituzionalmente riconosciuta, alla condizione civile superiore di uno Stato, alla riabilitazione, al reinserimento, alla visione fondamentale del carcere e della pena come strumento di guarigione da un carattere criminale.

Un ergastolano mi ha detto: “Avvocata, qualche giorno fa sono uscito per qualche ora grazie a un permesso. Sono rientrato in carcere in anticipo perché ho avvertito difficoltà, ho sofferto di vertigini, la libertà mi ha messo a disagio. Io ho 64 anni e sono qui da quando ne avevo 28. All’epoca ero un’altra persona, completamente diversa da ora.

Io sto pagando per uno sbaglio di una persona che non sono più.” Tre ergastolani ostativi avevano la fede al dito. Ho pensato alle loro famiglie che vivono ogni giorno la certezza di non rivederli mai più. Ho pensato al loro amore platonico, remoto, non vissuto. Ho pensato anche alle vittime di quelle persone. E mi sono chiesta: ma quanto stanno beneficiando degli ergastoli ostativi dei colpevoli? Per niente, io credo. Nessuno avrà indietro un figlio ammazzato se l’assassino verrà messo in galera vita natural durante. Forse però sapere che la pena inflitta sia veramente rieducativa, beh quella sicuramente può essere chiamata a buon diritto “Giustizia”. La rivalsa, la vendetta, la logica della faida e della rappresaglia non servono a nessuno.

L’ergastolo ostativo deve essere abolito. Noi abbiamo il dovere di preparare e sviluppare una coscienza diversa della pena. Dobbiamo comunicare alla società in maniera efficace che un criminale va rieducato, riabilitato e quando accade l’ergastolo deve cessare. Lo Stato non può essere il soggetto che esegue per conto della vittima “il regolamento di conti”.

Quella è la legge dei criminali mentre il nostro deve essere uno Stato Civile e di Diritto. Questo significa essere comunità altrimenti siamo solo un sommatoria di persone. #ergastoloostativo

Gioventù Sospesa – 28 feb 2023

Nome dell’evento: Gioventù Sospesa
Data: 28 febbraio ore 15
Luogo: Maschio Angioino – Sala dei Baroni
La situazione negli istituti penitenziari minorili è drammatica in quanto le pene detentive quasi mai svolgono il loro ruolo costituzionalmente assegnato e cioè di riabilitazione, rieducazione e reinserimento, bensì quello punitivo di vendetta sociale e rivalsa.
Questa situazione ormai atavica ha un effetto controproducente.
I minori detenuti a fine pena sono quasi sempre uguali a quando sono entrati in carcere se non addirittura peggiorati nelle loro caratteristiche di adattamento alla società civile.
La società contemporanea è permeata di una diseducazione di base della funzione della pena. Pertanto la politica in primis e poi tutto il sistema carcerario alimentano questo clima ritorsivo nei confronti di chi nella vita ha sbagliato.
Da sempre la questione viene affrontata e discussa e dibattuta fra addetti ai lavori come avvocati, magistrati, direttori di carcere, giuristi, professori universitari del ramo giurisprudenziale, associazioni del settore.
Il nostro studio penalistico MGS è convinto invece che sia necessario divulgare nella società un’idea diversa, quella cioè costituzionale, di pena. Questo sul lungo periodo metterebbe in circolo, nella società, negli ambienti anche distanti dal settore, nei cittadini, negli elettori un’idea sana e funzionale di pena.
Per farlo c’è bisogno di spostare il dibattito all’esterno delle sedi canoniche e soprattutto coinvolgere la società civile tramite figure mediaticamente rilevanti che possano richiamare l’attenzione e suscitare coinvolgimento e partecipazione.
A Napoli esiste “Il Caffè Sospeso” cioè una consuetudine comunitaria, un’adozione sociale anonima e disinteressata dei bisogni di chi non ce la fa. Ci auguriamo che anche per la “Gioventù”, che è un periodo così delicato della vita di ognuno, la società si faccia carico di dare sostegno a chi ha incontrato degli ostacoli durante il suo percorso di crescita.

Gaslighting – cos’è, come riconoscerlo e cosa fare

Secondo il dizionario americano Merriam Webster la parola più ricercata su internet nell’anno appena concluso, il 2022, è stata Gaslighting. Evidentemente il fenomeno è dilagante. Ma vediamo insieme di cosa si tratta.

Secondo il dizionario americano Merriam Webster la parola più ricercata su internet nell’anno appena concluso, il 2022, è stata Gaslighting. Evidentemente il fenomeno è dilagante. Ma vediamo insieme di cosa si tratta.

Il Gaslighting è una forma estremamente subdola e strisciante di violenza psicologica. Si concretizza in un rapporto tossico fra due persone nel quale una induce l’altra in una dipendenza affettiva ed emotiva utilizzando soprattutto lo strumento dell’auto-disistima. È fondamentalmente una violenza pulita e sottile, difficile da individuare, perseguire e punire. E’ una tecnica sostanzialmente lenta. La vittima infatti non realizza di vivere un vero e proprio lavaggio del cervello. In questo tipo di rapporti la vittima è il principale complice del suo carnefice. Non è una violenza propriamente di genere tuttavia le statistiche ufficiali ci dicono che sono soprattutto le donne a subirla. Solitamente il gaslighting si svolge nell’ambito di relazioni amorose, coniugali e affettive, ma può avere luogo in ogni tipo di contesto come ad esempio quello filiale, lavorativo o amicale.

Solitamente avviene tra un soggetto affetto da personalità narcisistica e un altro che invece si trova in un momento di fragilità psicologica indotta o strutturale.
Il soggetto narcisistico induce la vittima a dubitare di sé e delle proprie facoltà mentali, cognitive, intellettive, intellettuali o anche soltanto del proprio valore fino a ridurla a un soggetto completamente asservito e dipendente.

Ma qual è il profilo di una personalità narcisistica?
Solitamente si cade nell’errore, basandosi sul mito greco, che il narcisista sia semplicemente una persona innamorata perdutamente di sé stessa, vanesia o banalmente presuntuosa. Invece no. Chi soffre di disturbo narcisistico tende sempre a sovrastimare in forma anomala le proprie abilità.

Dà eccessiva importanza ai suoi successi e risultati personali, e intanto minimizza e svaluta quelli altrui. Risulta quindi spesso vanaglorioso e pretenzioso. Costruisce relazioni che gli consentono di confermare un’immagine grandiosa di sé. Ha costante bisogno di ammirazione oltre che di controllo.

Manifesta inoltre mancanza di empatia, e da ciò deriva la convinzione che le proprie esigenze siano sempre prioritarie rispetto ad ogni altra cosa. Spesso i narcisisti manifestano un bisogno quasi ossessivo ed esibizionistico di attenzione e di ammirazione da parte degli altri. Svalutano incessantemente gli altri in generale e specialmente una o più vittime in particolare. Un narcisista manifesta quasi sempre disprezzo verso gli altri e mostra spesso una malcelata invidia patologica e una marcata misantropia e sociopatia.
La fase più grave è quella del narcisismo maligno. Si tratta di una forma di psicopatia. Essa sopravviene quando il soggetto presenta, oltre alle classiche caratteristiche del narcisismo medio, anche una mancanza totale di senso di colpa, di rimorso e di rimpianto, riuscendo ad arrivare a una crudeltà mentale vera e propria.

Ma quali sono le tecniche e le dinamiche del Gaslighting?
Il narcisista patologico mette in atto il Gaslighting in modo tale da avere totale potere sulla vittima. Si tratta di una forma di manipolazione psicologica subdola e violenta. Alla vittima vengono date false informazioni, di ogni tipo e natura, in modo tale da farla dubitare di sé stessa, della sua percezione, della sua memoria e del suo equilibrio mentale o neurologico. Solitamente il gaslighter tende ad isolare la sua vittima da qualunque altro contesto e relazione, come amici, parenti e colleghi di lavoro, così da instaurare una relazione esclusiva e morbosa.

In questa dinamica malata il narcisista alterna momenti in cui offende, denigra, sminuisce e scredita la sua vittima a momenti in cui le manifesta affetto, parole gentili e attenzioni così da farla scivolare in un’altalena emozionale psicologicamente devastante.

Il narcisista è un manipolatore patologico, ha una mente calcolatrice e nei rapporti indossa sempre una maschera vivendo in un perenne stato di recitazione.

Lavora incessantemente per demolire l’autostima della vittima utilizzando le offese e suscitando un continuo senso di colpa nella controparte. Un gaslighter nega costantemente l’evidenza manifestando una gelosia subdola e ossessiva non solo di tipo amorosa bensì di tipo relazionale. Alla vittima infatti viene a poco a poco vietata con la persuasione la possibilità di qualunque altro rapporto sociale. In una prima fase il gaslighter costruisce un rapporto idilliaco per poi attuare in un secondo momento un clima conflittuale contraddistinto da silenzi ostili e dialoghi destabilizzanti portando vittima ad un profondo disorientamento. In questa prima fare la vittima non è ancora del tutto sottomessa. Proverà a cambiare il gaslighter ma fallirà. A questo punto inizia un stato confusionale della vittima che finirà per piegarsi alla volontà dell’altro e dei suoi abusi psicologici. A questo punto quasi sempre la vittima cade in una fase di angoscia e depressione. A questo punto la violenza, sia essa fisica o anche soltanto psicologica, diventa cronica. In questa fase finale la vittima vede il gaslighter come un salvatore.

Il Gaslighting si basa sulla parola. Frasi del tipo: “Secondo me hai bisogno di aiuto”, “Noi due ci amiamo alla follia”, “Sei tu che ricordi male”, “Stai inventando delle cose”,“Nessuno può capire quanto è profondo il nostro amore”, “Hai le allucinazioni”, “Ma me ne vuoi bene?”, “Non vali niente, senza di me dove vuoi andare?”, “Se mi lasci non hai cuore”, “Se non fai come ti dico non ti aiuto più”, “Nessuno ti ama come me”, “Stai bene? Dici cose strane”, “Hai dei problemi seri, solo io ti posso aiutare”, sono fra quelle più usate in questi contesti.
La tecnica psicologica ricalca quella del racket. Il gaslighter conduce infatti la sua vittima in un pozzo buio di insicurezza, sfiducia in sé stessa e paura per poi presentarsi come il suo salvatore, colui che può dare tutela, protezione, controllo, assistenza, amore e affetto.

Ma da dove deriva la parola Gaslighting?
Essa ha origine dal dramma teatrale “Gaslight” del 1938 di Hamilton. Ne sono stati tratti due film. Il più famoso è “Gaslight”, del 1944, che in Italia è stato proiettato con il titolo “Angoscia”. Racconta di ripetuti abusi psicologici di un marito nei confronti della moglie Paula.
L’uomo cerca di portare la donna alla pazzia, con diversi stratagemmi come ad esempio, l’abbassamento delle luci a gas, “gaslighting” per l’appunto, della loro casa facendole credere che fossero allucinazioni frutto della sua immaginazione.

Perché il Gaslighting è così difficile da individuare e provare davanti ad un tribunale?
Perché, come già detto, la vittima è quasi sempre complice del suo carnefice. La vittima alterna momenti in cui ha contezza e consapevolezza della sua situazione a momenti in cui sente che il narcisista che sta compiendo l’abuso psicologico è invece l’unico a cui potersi affidare per poterla proteggere.

Una condizione psicologica dai tratti surreali. È qualcosa di analogo a qualsiasi altra forma di dipendenza. Come per l’alcol, le droghe, il gioco d’azzardo e così via anche in questo caso la vittima prova un profondo trasporto e senso di affidamento a ciò di cui sente il bisogno. Solo che a differenza delle dipendenze classiche, il gaslighter è una persona in carne ed ossa, con la facoltà di agire concretamente, mistificare, ingannare e continuare ad esercitare quel potere di cui evidentemente, anche lui in forma patologica, sente disperatamente il bisogno.

Cosa fare?
La violenza psicologica e il gaslighting in sé non corrispondono a dei reati specifici. Essi però sono collegati ad alcune forme di reato come ad esempio maltrattamenti familiari, plagio, stalking, raggiro, minaccia e violenza privata, danno biologico.

Potresti cominciare a sentire la necessità di registrare le conversazioni, di scattare fotografie come prova di non essersi inventato fatti o accadimenti. Questi sono dei chiari segnali di allarme. Se hai il dubbio di essere caduto in una dinamica di Gaslighting non esitare e rivolgiti immediatamente ad un avvocato e con lui si valuterà il coinvolgimento di una consulenza psicologica o comunque l’intervento dei servizi sociali del tuo Comune.

Ad ogni modo per difendersi e ricostruire la propria identità potrebbe servire del tempo. Con il tuo avvocato sarà poi opportuno valutare come procedere così che la giustizia possa fare il suo corso.

Risorse per approfondire
Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Gaslighting

Articolo su Repubblica (a pagamento)
https://www.repubblica.it/cronaca/2022/12/31/news/gashlighting_parola_dellanno_ecco_come_funziona_la_violenza_psicologica_piu_difficile_da_scoprire-381388226/

Corto “Io vivo per te” – di Rita Raucci (autrice e interprete)
https://youtu.be/WFjSopc-NcI

Assistenza sulla reputazione on line

Di certo le nostre azioni devono essere guidate dalla nostra morale e dal nostro buon senso e non da ciò che si dice di noi, tuttavia tutelare la propria reputazione è un diritto fondamentale perché ognuno di noi è anche ciò che di sé viene proiettato e percepito dalla società che lo circonda.

Internet, come tutte le grandi innovazioni, è entrato nelle nostre vite e le ha cambiate in tanti modi e in tanti ambiti. Uno di questi è la nostra presenza on line. Ognuno di noi è presente in qualche modo on line e proietta la propria immagine sul web.

Quasi tutti siamo presenti su pagine web, motori di ricerca, su diversi siti, su molteplici social network. E se non siamo proprio noi in prima persona è comunque qualcosa a noi direttamente collegato come un esercizio commerciale, uno studio professionale, un’azienda, un’attività o un’organizzazione riconducibile alla nostra persona.

Di conseguenza su internet si è trasferita anche una cosa che prima era solo nel passaparola: la reputazione. Su internet la reputazione è scritta e, come dicevano i latini, verba volant scripta manent. Il giudizio, l’opinione, il parere, la stima, la valutazione e l’apprezzamento che il mondo ha di noi si svolgono principalmente su internet.

Fin quando le cose vanno bene nessun problema si pone. Ma cosa accade quando sul web la nostra reputazione è più o meno compromessa con giudizi, recensioni, articoli, news, notizie, informazioni?

Come comportarsi, ad esempio, quando contro di noi viene aperto un procedimento giudiziario, dal quale magari siamo stati poi assolti? In questi casi infatti gli articoli inerenti le accuse sono sempre in cima ai risultati e in un numero che sovrasta i contenuti in cui invece si divulga la nostra assoluzione o addirittura l’estraneità ai fatti.

Cosa fare quando dei concorrenti sleali o degli odiatori compulsivi si adoperano per procurarci false recensioni negative così da danneggiarci? O quando una notizia falsa che riguarda in qualche modo noi circola indisturbata on line?

Per non parlare del malanno del processo in Italia: il processo mediatico. Quel processo cioè che non si svolge nelle aule di tribunale ma su tutti i mezzi di comunicazione. Ci riferiamo a quelle notizie che esplodono prima dell’accertamento dei fatti e delle indagini preliminari. Nel frattempo, prima che la giustizia stabilisca se qualcuno è innocente o colpevole, su internet, sui giornali, in tv e in radio quella persona è già stata dichiarata colpevole.

In tutti questi casi bisogna agire, e anche al più presto.

Il nostro studio legale MGS, in collaborazione con l’agenzia informatica Wics, fornisce un servizio di consulenza per tutti i casi in cui c’è bisogno di avvalersi del diritto di replica, del diritto alla cancellazione di contenuti falsi o tendenziosi, del diritto all’oblio, e in generale del diritto di tutela della propria reputazione on line.

Se hai bisogno chiama, sapremo bene come darti assistenza.

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Il carcere è un fallimento

Il carcere è l’ultima spiaggia di un sistema di civiltà. Quando metti una persona in carcere è perché hai appena fallito. Vuol dire che c’è stato un reato e qualcuno ha subìto un danno, un torto, un’ingiustizia. Immediatamente dopo questo fallimento resta il carcere, che però non darà indietro né morti ammazzati, né danni permanenti, né danni economici, né biologici, né psicologici, né di immagine eccetera. No, il carcere non risarcisce. Se ci riesce allora in quel caso non è giustizia ma è solo vendetta, che è un’altra cosa.
Tutto questo è ben spiegato nella nostra Costituzione. Il carcere non è una risposta, ma solo un ripiego. Se la deterrenza funzionasse allora là dove c’è la pena di morte il crimine dovrebbe cessare del tutto, e sappiamo invece che non è così. Il carcere non funziona, è un fallimento, il carcere è ammissione di incapacità.

Ciò nonostante la politica continua imperterrita a usare il carcere come misura di contrasto ai reati. Basta un’emergenza, un allarme sociale, un banale fatto di cronaca che scattano decreti, misure speciali, inasprimenti delle pene. Qualche esempio: immigrati, terrorismo, reati sessuali, corruzione.

E la politica lo fa strumentalmente, alla ricerca cieca del consenso, per dare biada all’emotività rabbiosa, alla ferocia delle masse: sbattere in galera e buttare la chiave. No, non funziona.

C’è sempre più un panpenalismo esasperato e malato. C’è sempre più un’ossessione pervasiva della “certezza della pena”..

Oramai si tende a spostare sempre più reati nel penale e ad adottare sempre meno pene e percorsi alternativi. Intanto le carceri scoppiano di detenuti e i suicidi diventano un fenomeno su cui si tace. E invece quando un essere umano si ammazza è un fatto grave, che sia un carcerato o meno. Forse è ancora più grave solo quando è un carcerato per errore, e credete a un’avvocata… ce ne sono tanti.

Ciò che viene messo sotto attacco è lo Stato Liberale che ci tutela e del quale noi occidentali siamo tutti figli.