Difendere qualcuno. Mi sono spesso interrogata, da avvocato, sul senso profondo di questo compito. Sono arrivata alla conclusione che difendere qualcuno in sede legale vuol dire -fare i suoi interessi-, procurare un vantaggio reale e concreto per l’assistito. E questo vale anche se i suoi interessi e il suo vantaggio si concretizzano in un percorso difficile da affrontare, ma che realizza, in ultima analisi, una sostanziale crescita nel proprio percorso di vita.
Ci si trova davanti a un quesito di deontologia professionale: meglio tutelare l’assistito nell’immediato, nello spicciolo, spianandogli la strada e facendolo uscire indenne dalle conseguenze di un errore con qualche stratagemma legale, ma con la certezza che al prossimo ostacolo, alla prossima tentazione, cadrà inevitabilmente di nuovo?
Oppure è meglio intendere la sede processuale come un percorso atto anche e soprattutto a capire i propri errori, collegando magari a questo percorso di rieducazione un possibile incentivo basato su uno sconto di pena?
Benché io sia del tutto consapevole che la seconda strada è certamente più dura e complicata sento che è quella da perseguire se si vuole essere un Avvocato che per davvero faccia gli interessi del proprio assistito. La condanna deve avere un valore riabilitativo come il legislatore ha più volte ribadito!
E se questo è vero per un adulto, diventa ancora più vero se i miei assistiti sono delle minorenni le quali, come è facile che accada agli adolescenti, hanno commesso degli errori. Ecco, un avvocato è anche e soprattutto questo.
E così procederò nella mia difesa nel prossimo processo che mi vede assistere delle ragazze minorenni che hanno divulgato una foto privata in topless di una ragazza sedicenne, una loro amica. Il mio obiettivo è, per l’appunto, tutelare gli interessi supremi e ultimi delle ragazze, delle mie assistite.
Io non riceverò l’onorario per scagionarle, per difenderle ad oltranza contro ogni evidenza. No, io difenderò la loro vita, la loro crescita, il loro essere migliori in questo mondo. Le ragazze procederanno all’ammissione della colpa affrontando la costruzione di una consapevolezza più matura del proprio comportamento sbagliato. Sarà un percorso costruito e concordato con le famiglie.
Così ho deciso di procedere perché sento che questa vicenda rappresenterà per loro un’autentica tutela, una vera difesa, e perché una condanna, specialmente per una ragazza in età dello sviluppo, può rappresentare la sua salvezza e la sua libertà per il futuro.
